MssCol 603/Lettera 104

Sottounità / Unità archivistica
NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro quarto
Regesto veloce

Commendone dà conto del confronto con Sigismondo II Augusto sull’esecuzione degli editti di Parzow e sulla possibilità di un intervento regio contro le profanazioni di beni ecclesiastici. Riflette inoltre su eventuali minacce da rivolgere al sovrano.

Numero documento
104
Estensione materiale
cc. 39r-41r
Destinatario
Borromeo, Carlo
Luogo di redazione
Petricovia
Luogo di ricezione
Roma
Data di redazione
15 marzo 1565
Edizioni del documento

Pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, II, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1851, pp. 101-105.

Regesto approfondito

Commendone, presentato a Sigismondo II Augusto il breve da Roma, lo ha pregato di «riparar alle tante prattiche et tentativi» dei nunzi della nobiltà contro la religione e il clero e «alle profanationi delle chiese che molti heretici hanno fatto et fanno».

Il re ha risposto che gli editti di Parzow si potranno facilmente eseguire contro i «trinitarii», ma alle obiezioni già più volte fatte da Commendone si è impegnato a farlo contro tutti gli eretici. Ha rinnovato inoltre la promessa di designare un cattolico come starosta generale di Polonia Maggiore.

Quanto alle profanazioni ha sostenuto di non poter intervenire, avendo «i nobili […] nelli suoi luoghi iurisditione et molti privilegii, per li quali il re non può così facilmente condennarli». Commendone ha obiettato che non si permetterebbe a un nobile di «chiuder la via pubblica […] ancora che sia nella sua iurisditione», ma si consente invece «che quello che non è delli huomini, ma di Dio si lasci così occupar impune», provocando l’ira divina contro tutto il Regno. Ha ricordato quindi che in Valacchia, a causa di quel principe [Alexandru IV Lăpușneanu] si rispettano più le sinagoghe che le chiese cattoliche, e ha citato alcuni passi dei Salmi sull’ira divina contro i principi timorosi. Ha sollecitato quindi un editto contro le profanazioni che imponga la restituzione di quanto già usurpato. Il re ha sottolineato di aver respinto il tentativo dei nunzi della nobiltà di eliminare le «citazioni regie alli comitii generali». Effettivamente, rileva Commendone, tutto il Senato è stato compatto nel respingere tale istanza, il cui fine «era d’escludere per questa via tutti coloro che per le decime o altri beni della Chiesa volessero citar gl’usurpatori alli comitii».

Il re ha concesso a Commendone un «mandato penale» contro i parenti di Paweł Tarło, arcivescovo di Leopoli, perché restituiscano i beni di cui si sono appropriati, ora affidati ai canonici fino alla nomina del nuovo arcivescovo. Commendone ne ha discusso molte volte con il sovrano e spera che il successore prescelto sia «persona catholica et assai degna di questo carico».

Da Cracovia giunge voce che Giovanni Sigismondo Szapolyai sia stato assassinato da un «gentilhuomo ungharo» al quale Isabella Jagellona avrebbe fatto tagliare la testa, ma non si hanno notizie certe.

 «Cifra»

Si cerca da più parti - premendo anche su Stanislao Hosius, vescovo di Varmia - di convincere Commendone a minacciare il sovrano di «privatione». Hosius non lo ritiene opportuno e ne scriverà a Roma. Commendone ritiene che andrebbe prima mostrata la possibilità di eseguire tale minaccia; si rimette in questo agli ordini del papa, convinto però che «se mai fu tempo di non tentarlo, a mio parere, è il presente perché da una parte il sdegno della minaccia et dell’altra la cupidità che il re ha di separarsi dalla regina conduriano subito questo Regno in un scisma».

I nunzi della nobiltà tentano di ottenere «un’espeditione generale del Regno» per evitare la contribuzione bellica e portare a termine con la forza la restituzione dei beni regi e l’unione tra Polonia e Lituania.

Note libere

Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco.