MssCol 603/Lettera 113

Sottounità / Unità archivistica
NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro quinto
Regesto veloce

Commendone aggiorna sulle posizioni dei nunzi della nobiltà e del Senato in materia di giurisdizione ecclesiastica e sulla contesa tra Jan Krzysztof Tarnowski, conte di Tarnovia, e Filip Padniewski, vescovo di Cracovia.

Numero documento
113
Estensione materiale
cc. 6v-8v
Destinatario
Borromeo, Carlo
Luogo di redazione
Petricovia
Luogo di ricezione
Roma
Data di redazione
29 marzo 1565
Edizioni del documento

Pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, II, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1851, pp. 131-135.

Regesto approfondito

Nonostante i tentativi di rinviare a una prossima Dieta la discussione sulle decime ecclesiastiche, «mossa da alcuni d’i nostri tanto fuori di tempo», Jakub Uchański, arcivescovo di Gnesna, è riuscito a ottenere che si discutesse oggi della causa intentata dai canonici di Gnesna.

Durante una «consulta» tra i nunzi della nobiltà, i nunzi cattolici non hanno voluto prender posizione pubblicamente, lasciando che gli eretici chiedessero a nome di tutti di non essere citati in giudizio se non davanti al foro secolare, secondo il decreto di Petricovia, e che i giudici laici debbano esaminare le cause ecclesiastiche e non limitarsi a eseguire le sentenze, in particolare nei casi di scomunica per questioni di decime. «Cercano in somma di cavar un decreto che dichiari li vescovi non haver sopra di loro alcuna giurisdittione. Già alcuni anni, promettendo gli heretici di non voler impedire l’esattion delle decime, gli vescovi stessi si lasciarono facilmente tirare a consentire che la loro propria et principal giurisdittione et in specie de puniendis haereticis fosse sospesa, di che hora colgono i debiti frutti».

Il Senato non si è pronunciato in merito; alcuni propongono di confermare il decreto di Petricovia con una clausola «sine pregiuditio iuris status spiritualis» per compiacere i nunzi, senza i quali non è possibile approvare la contribuzione per la guerra, e con una seconda clausola richiesta dagli ecclesiastici, per cui «tutte le citazioni» - e non solo quelle riguardanti cause ecclesiastiche - verranno demandate a una prossima Dieta.

Molti hanno condannato «l’infinita licenza» dei nunzi della nobiltà paragonati a «seditiosi tribuni della plebe»: Spytek Jordan, palatino di Cracovia, e Florian Kaspar Zebrzydowski, castellano di Lublino, «vecchio di molta authorità et bontà», entrambi cattolici, hanno insistito sui danni già provocati dal decreto di Petricovia. Altrettanto hanno fatto i senatori luterani, «picardi, calvinisti e trinitarii», tra cui Jan Tomicki, castellano di Gnesna, «persona di molta stima et reputatione il quale, confessando di non esser della nostra religione, confessava insieme che abassandosi l’authorità degl’ecclesiastici, era necessario che si mutasse la forma del governo, si perdesse la libertà et s’annullassero le leggi con ultimo esterminio di tutto il Regno».

Gli «adversarii» hanno opposto che non era conveniente lasciare al foro ecclesiastico questioni riguardanti «decime et entrate che sono in questo Regno», dato che «benché forse non si costumi di farlo, si potrebbe nondimeno appellare al papa fuora del Regno». Un vescovo ha chiesto a questo punto se, una volta concesse «le appellationi delle sententie ecclesiastiche al re», gli eretici avrebbero pagato le decime, ma questi non hanno risposto e alla fine non è stata presa alcuna decisione.

Si è mostrato contrario agli ecclesiastici, sebbene cattolico, Stanisław Spytek Tarnowski, palatino di Sandomiria, zio di Jan Krzysztof Tarnowski, conte di Tarnovia, coinvolto nella decisione della contesa tra lo zio e Filip Padniewski, vescovo di Cracovia, affidata a Stanislao Hosius, vescovo di Varmia. Tale contesa subisce crescenti difficoltà e al momento le due parti si dividono sulle condizioni della pace. Padniewski infatti nega di aver acconsentito ad alcuna condizione e in particolare a quella di assumersi la colpa del dissidio.

 «Cifra»

Alcuni consigliano a Sigismondo II Augusto di «travagliare» gli ecclesiastici per costringerli a cedere le decime «per servitio della Repubblica».

«Gli nuntii, oltre la loro licenza con la quale già regnano, cerchan di indur il re a compiacerli con dire che essi non possono sollicitar la recuperatione de’ beni regii perché continovandosi l’essecutione delle leggi converrà venir a quelle che sono contra gli heretici, onde se essi devono pur condurre questa recuparatione per Sua Maestà è necessario che essa alli contro li assicuri dalla giurisdittione ecclesiastica».

Note libere

Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco.