MssCol 603/Lettera 12
- Sottounità / Unità archivistica
- NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro primo
- Regesto veloce
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Commendone dà conto delle prime discussioni nella Dieta di Varsavia e delle posizioni di alcuni vescovi polacchi; sottolinea le conseguenze, sugli equilibri della Dieta, dei preparativi di Ivan IV per avanzare in Lituania; traccia inoltre un quadro dei progressi dei «trinitarii» a Varsavia e nel paese.
- Tipologia
- it lettera in registro copialettere
- Numero documento
- 12
- Estensione materiale
- cc. 13v-16v
- Mittente
- Commendone, Giovanni Francesco
- Destinatario
- Borromeo, Carlo
- Luogo di redazione
- Varsavia
- Luogo di ricezione
- Roma
- Data di redazione
- 16 gennaio 1564
- Edizioni del documento
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pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, I, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1847, pp. 28-34.
- Regesto approfondito
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Dopo aver riepilogato le ultime lettere inviate a Roma, Commendone informa che non si è ancora discussa nella Dieta «alcuna cosa di religione pertinente all’ecclesiastici». Gli eretici tentano frattanto di ottenere un concilio nazionale. Se il recupero dei beni alienati dalla Corona avrà corso, si passerà all’esame delle altre questioni, tra cui i privilegi e le immunità degli ecclesiastici e le pene contro gli eretici. Questi ultimi, a vedere di Commendone, non avranno altro da opporre se non che quelli cattolici non sono veri vescovi ed ecclesiastici, e chiederanno un concilio nazionale che lo dichiari e si opponga al «concilio universale». Nelle loro scritture «ardiscono già di chiamar le lor chiese catholiche et noi heretici».
In una situazione di così grave pericolo i vescovi continuano a essere divisi. Commendone si sta adoperando per ristabilire tra loro l’unione. Proprio oggi li ha convocati: ha confermato loro la «paterna charità» del papa nei loro riguardi, esortandoli a far fronte comune contro la rovina incombente. Jakub Uchański, arcivescovo di Gnesna, ha ringraziato Pio IV per la sua benevolenza, ha approvato i rilievi di Commendone, assicurando che i vescovi si sarebbero riuniti per dargli risposta. Commendone auspica che i vescovi «si risolvano una volta a far qualche cosa da vero», in modo da manifestare al re e ai cattolici polacchi il loro impegno nonché il sostegno del papa nei loro confronti.
Walenty Herburt, vescovo di Premislia, inviato di Sigismondo II Augusto al concilio di Trento, è arrivato stamane a Varsavia e ha riferito che Stanislao Hosius, vescovo di Varmia, è in viaggio verso la sua chiesa in Prussia. La notizia ha creato nuove divisioni tra i prelati polacchi, alcuni dei quali ritengono si debba convocare Hosius a Varsavia, mentre altri sono di parere opposto e insistono sulle difficoltà di attribuirgli un luogo in Senato. Tra questi contrasti, il re non saprà come procedere alla convocazione di Hosius.
Commendone invia in allegato quattro fogli a stampa diffusi dai «trinitarii», dai quali risulta il «miserabile stato di questo Regno, ove non è impietà si abominevole che non habbia luogho et seguito». «Questa setta spetialmente de’ trinitarii va ogni giorno islargandosi» e si sta diffondendo a Varsavia, malgrado la presenza del re e del Senato. Le sue dottrine vengono predicate, «oltre il calvinismo», nelle case di diversi signori, non essendo ancora proibite, nonostante «questa impia heresia […] sia quasi equalmente in odio a catholici et a calviniani et altri heretici». Commendone ha chiesto quindi all’arcivescovo di Gnesna e agli altri vescovi di adoperarsi presso il sovrano perché intervenga contro «questa pernitiosa licentia di predicare». La setta dei «trinitarii» è sostenuta da Mikołaj Radziwiłł, palatino di Vilna, e «promossa e fomentata grandemente» da «alcuni nobili principali che qui chiamano noncii terrarum». È arrivato inoltre di recente a Cracovia un italiano «il quale predica che Iesu Christo Dio et Signore nostro fu figliolo di Ioseph et non li mancano de’ seguaci». Commendone ha fatto istanza a Piotr Myszkowski, vicecancelliere di Polonia, di incarcerarlo.
Il sovrano ha avuto un attacco di gotta e con fatica ha dato ieri udienza a Giovanni Alberto, duca di Meclemburgo-Schwerin, venuto per chiedere la liberazione del fratello Cristoforo, imprigionato in Livonia.
Giunta la notizia che Ivan IV starebbe per entrare in Lituania, la Dieta ha designato alcuni senatori ad occuparsi del recupero dei beni regi alienati dalla Corona, mentre altri porteranno avanti le trattative per l’unione tra Lituania e Polonia. Secondo la proposta del palatino di Vilna, i lituani pretendono di «elegger un duca di Lythuania separato dal re di Polonia», e chiedono «proprio sigillo et proprio marscalco et proprie diete et quando fusse necessario far Dieta in comune con i poloni, vogliono luogho fra li primi». Si ritiene che il pericolo dell’avanzata dei moscoviti li farà scendere presto «a più honeste conditioni».
Tra gli inviati di Lituania vi sono due ecclesiastici: il primo, Walerian Protaszewicz, vescovo di Vilna, ha manifestato obbedienza verso il papa e ha subito visitato Commendone informandolo della situazione religiosa in Lituania, molto peggiore che in Polonia, a causa del palatino di Vilna, seguito da tutti i nobili, «essendo lui di soma authorità et distributore di tutti gli offitii in quel ducato». Commendone chiede di aggiungere, nelle lettere da Roma, un paragrafo in lode del vescovo di Vilna, per incoraggiarlo a conservare «le poche reliquie che restano in quel paese». Il secondo inviato lituano è Mikołaj Pac, che si dichiara vescovo di Kiev ma non è stato mai nominato, non è nemmeno cattolico, e ha ricevuto l’incarico grazie al palatino di Vilna, suo parente. I due inviati sono accompagnati da Agostino Rotondo, gentiluomo polacco laico, dottore in legge e avvocato della città di Vilna, zelante difensore dei cattolici. Anche quest’ultimo andrebbe onorato con qualche parola in una lettera del Borromeo.
Il vicecancelliere ha comunicato a Commendone che il sovrano avrebbe volentieri convocato Hosius alla Dieta ma teme di suscitare la reazione dei vescovi polacchi e di conseguenza nuovi disordini. Si propone quindi di convincere i vescovi ad acconsentire all’invito di Hosius. Commendone ritiene che ciò possa ledere la dignità del cardinale, senza convincere alcuni dei vescovi, i quali «curano meno quel che dovrebbero curar di più». Lo stesso Hosius, ben conscio della situazione, ha preferito rientrare direttamente nella sua chiesa. Sarà comunque opportuno inviargli un breve pontificio che potrà utilizzare come credenziale, qualora debba presentarsi al re.
Commendone chiede infine aggiornamenti sulla questione dei beni napoletani di Bona Sforza.
«Cifra»
La guerra contro Ivan IV ha fatto crescere le necessità finanziarie della Corona. Commendone teme che, con l’esempio delle vendite di beni ecclesiastici che si dice abbiano avuto luogo in Francia e di quelle effettivamente avvenute nell’Impero in occasione della guerra contro gli ottomani, il sovrano avanzi richieste analoghe circa i beni ecclesiastici in Polonia. Chiede quindi cosa dovrà rispondere nel caso. «Qui per certo si corre pericolo di perder tutti questi beni con la mutatione della religione. Sua Santità, per la singular sapienza sua, potrà giudicar se forse in simil casi fusse minor male condescendere talvolta a qualche concessione divertendo il nostro per aiutar la Chiesa et la religione». Tanti sono infatti gli esempi di paesi i cui sovrani «hanno venduta la religione ai sudditi per cavarne contribuzioni». Le entrate della Polonia non arrivano a 200.000 ducati e Sigismondo II Augusto non pare in grado né di combattere gli eretici, né tanto meno di unificare i cattolici. Piuttosto dovranno essere i cattolici a unirsi per sostenerlo. Se lo avessero fatto in passato avrebbero impedito che gli eretici, con le loro profferte e la loro audacia, convincessero il re a emettere decreti contro le chiese e pregiudizievoli alla religione cattolica.
- Note libere
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Allegato annunciato nel testo non trascritto. Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco.