MssCol 603/Lettera 25
- Sottounità / Unità archivistica
- NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro primo
- Regesto veloce
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Commendone riferisce notizie relative alla riconquista del potere da parte di Alexandru IV Lăpușneanu in Valacchia (intendendo Moldavia) e sulla prossima missione dell’inviato di Polonia presso Solimano I. Informa inoltre sulla situazione religiosa nel Regno e delinea un progetto per l’apertura di relazioni commerciali tra la Polonia e Venezia.
- Tipologia
- it lettera in registro copialettere
- Numero documento
- 25
- Estensione materiale
- cc. 43v-46v
- Mittente
- Commendone, Giovanni Francesco
- Destinatario
- Contarini, Leonardo
- Luogo di redazione
- Varsavia
- Data di redazione
- 25 marzo 1564
- Edizioni del documento
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pubblicata in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, I, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1847, pp. 95-104 (in traduzione polacca); parzialmente in Litterae nuntiorum apostolicorum historiam Ucrainae illustrantes, coll. P. Athanasius e G. Welkykyj, I, Romae, Basiliani, 1959, pp. 37-38.
- Regesto approfondito
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Commendone ha inviato una lettera a Girolamo Albini, segretario di Contarini, per mezzo di «Barsned Curtzbach» [probabilmente Wilhelm von Kurzbach] inviato del re dei romani, con allegati avvisi da Varsavia e la relazione di una battaglia tra lituani e moscoviti. Attende conferma della ricezione.
In Valacchia (intendendo Moldavia) Alexandru IV Lăpușneanu ha riconquistato il potere con il sostegno dei tartari e ha cacciato Ștefan Tomșa, succeduto a Giacomo Basilico Eraclide. Ora Tomșa chiede a Sigismondo II Augusto di metterlo al sicuro in qualche parte del Regno. Di contro Alexandru preme per l’eliminazione di Tomșa e promette di rispettare l’accordo fatto con la Corona polacca prima di essere nominato voivoda. Anche Solimano I chiede la consegna di Tomșa. Ieri se ne è discusso in Senato e si pensa che Tomșa sarà tenuto in Polonia. Corre voce che Alexandru abbia ucciso tutta la nobiltà e alcuni del popolo, che abbia donato ai tartari «l’anime di tre territori», dove sarebbero stati fatti schiavi ventimila tra giovani e bambini. Si crede che tali notizie siano state diffuse dallo stesso Tomșa «per mettere in abominatione il nome d’Alessandro in questo Regno». Frattanto gli inviati di Alexandru in Polonia confermano le uccisioni di nobili, ma negano tutto il resto. Si sa però per certo che a Succhiava, principale città di quel voivodato, ci sono ancora cinquecento turchi.
Jerzy Jazłowiecki, castellano di Camenez è stato inviato – su richiesta del sultano - a Cogno o dove si troverà Selim, figlio del sultano, per rinnovare con lui la pace che Solimano e Sigismondo hanno concluso un anno fa.
La partenza del castellano di Camenez, prevista da tempo, è stata rimandata per la Dieta di Varsavia. La situazione è però tale «per la varietà et discordia nella religione», che il sovrano, da cinque mesi in quell’assemblea, ha preso solo poche risoluzioni.
«Gli deputati deli distretti o territorii del Regno, i quali già alcuni anni non solevano havere parte alcuna nel governo, hora col mezzo della heresie s’hanno usurpato tanta licentia che, a guisa di tribuni della plebe, perturbano ogni cosa et s’oppongono a tutte le deliberationi che possano portar qualche spesa alli sudditi di questa Maestà o raffrenare la licentia loro, tanto che il re et gli senatori del Regno, benché fra loro si ritrovano alcuni heretici, ne stanno però tutti malissimo contenti vedendo che questi nuncii non solo non fanno mai fine d’introdurre nove sette et errori, ma che dalla religione sono passati alle cose politiche ad impedire et abbassare l’authorità del re et del Senato. Già la setta di trinitarii, devorando quella di Calvino et altre assai, ha fatto qui in pochi giorni grandissimo progresso; biastemano palesemente la Santissima Trinità chiamandola con impie et spaventevoli voci Cerbero tricipite, ogni dì pullula qualche nova absurdità. Nella presente Dieta sono usciti alcuni che dicono Nostro Signore Jesu Christo, qui est iudicaturus vivos et mortuos, dovere ancora lui nel gran dì del giuditio esser giudicato da Dio Padre et neanco a costoro mancano settatori, onde l’heresia lutherana, che fu la prima ad infettar questo Regno, è già quasi del tutto estinta et trasformata in questi altri novi monstri».
Mantenendo vivo «l’obbligo et il desiderio di servire la Serenissima Signoria», Commendone espone, di seguito, un progetto per una nuova via commerciale tra la Polonia e Venezia.
Il Regno di Polonia – considera – è pianeggiante e ricco di fiumi navigabili, che sfociano nel Mar Nero e nel Baltico. Può contare su una grande abbondanza di grano che «sarebbe molto maggiore se mettesse conto a lavorar i terreni et fossi dove smaltire i grani». Da alcuni anni sono stati messi a coltura molti terreni intorno alla Vistola e ai fiumi che sfociano nel Mar Baltico, il cui grano è inviato a Danzica, porto appartenente al re polacco; da lì i grani vengono spediti nelle Fiandre o addirittura in Portogallo. L’area del Regno composta dalla Podolia, dalla Rossia, dalla Volinia e da parte della Lituania, resta invece perlopiù incolta, lavorata dagli abitanti del luogo per la sola sussistenza perché i principali fiumi di quella zona - il Dnepr, il Dnestr, il Bug e l’«Axiacus detto Thoco» con i loro affluenti - sfociano tutti nel Mar Nero su coste che erano sotto il controllo della Corona polacca, ma appartengono ora al sultano ottomano. Qui vi sono tuttavia molti armeni e altri mercanti impegnati in traffici commerciali e il grano proveniente da queste province potrebbe essere trasportato «per servitio di Venetia e di tutto lo stato», facendo partire le navi dal Mar Nero, quattrocento miglia o poco più a Nord di Costantinopoli. In aggiunta, si potrebbero condurre per la stessa via, da Venezia, merci «per uso di questi Regni, senza svuotar la città di danari tutti contanti come convien fare quasi ogni volta che si manda per grani nel Levante». Drappi, sete, vini, uva passa e altri prodotti attualmente trasportati «per la via di Germania» potrebbero viaggiare più comodamente via mare e, attraverso questi fiumi, arrivare in Polonia e in Lituania. Si acquisterebbero qui – oltre al grano – cuoi, pece, carni salate e altre merci.
Il Mar Nero è percorso da navi sin dai tempi antichi: ricorda Commendone sulla scorta di Polibio, «antico et grave authore» – e i veneziani si sono spinti fino alla Tana, che ha infatti mantenuto il nome veneziano. Già alcuni ebrei e armeni portano qualche merce in Polonia attraverso quei fiumi, e ne trasporterebbero di più se non fosse per i tartari di Crimea, «tributarii del Turco et stipendiati del re di Polonia», che spesso saccheggiano le campagne della Podolia. Qualora il sultano e il re polacco approvino il viaggio e acconsentano a rendere più sicure tali vie nascerebbe un buon traffico. Si potrebbero così trasportare a Venezia anche generi provenienti dalla Moscovia, ora destinati a Danzica, Lubecca e Anversa, e in cambio da Venezia alla Moscovia, così da costruire, a poco a poco, un vero e proprio commercio con il Settentrione. Sigismondo II Augusto ha proposto, qualora il progetto dovesse realizzarsi, di «dar alla nation venetiana ogni privilegio et ogni immunità et di lasciarla anco habitare dove più loro piacesse», nonché «di fabricarsi una terra con tutti i privilegii possibili, reservandosi solo la superiorità del dominio suo».
Il governo veneziano potrà informare sul progetto anche Marino Cavalli o chi per lui dovesse andare a Costantinopoli, tenendo presente «quanto sarebbe bene di restituire per nova via il comercio che per altre nove vie trovate da altri è stato diminuito». Le navi partirebbero dal Mar Nero, ma la «piazza ferma» di tale affare sarebbe in Polonia, dalla quale ordini e avvisi sarebbero trasmessi per la posta che ogni settimana va da Venezia a Vienna e a Cracovia.
Tra qualche giorno Commendone chiederà a Pio IV licenza di tornare in Italia e spera di poter partire a luglio; continuerà comunque a promuovere il progetto, essendo «non pur come veneziano et ministro di Nostro Signore ma come homo […] tenuto a desiderare et procurare ogni beneficio di quella gloriosa città».