MssCol 603/Lettera 94

Sottounità / Unità archivistica
NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro quarto
Regesto veloce

Commendone informa su un nuovo incontro tra i vescovi riguardo all’intenzione di Sigismondo II Augusto di divorziare da Caterina d’Asburgo.

Numero documento
94
Estensione materiale
cc. 19v-24r
Destinatario
Borromeo, Carlo
Luogo di redazione
Petricovia
Luogo di ricezione
Roma
Data di redazione
20 febbraio 1565
Edizioni del documento

Pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, II, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1851, pp. 65-71.

Regesto approfondito

Ieri Jakub Uchański, arcivescovo di Gnesna, ha invitato Commendone – tramite Kaspar Geschkaw, abate di Oliwa - a partecipare a un incontro, tenutosi oggi a casa sua, con i vescovi e con «molti canonici, theologi et dottori». Stupito di questa nuova riunione e timoroso di quello che i vescovi avrebbero potuto approvare in sua assenza, Commendone ha accettato l’invito.

Ha sondato Melchior Mościcki, confessore di Sigismondo II Augusto, e un «predicatore del re de l’ordine medesimo» a proposito del divorzio, nell’intento di «inanimarli a dir et a diffender la verità».

Stamattina, di fronte ai vescovi, l’arcivescovo ha letto le dispense che avevano consentito i matrimoni del sovrano con Elisabetta d’Asburgo e poi con la sorella Caterina e ha riferito i dubbi del sovrano sulla legittimità della seconda dispensa, che lo spingevano al divorzio. Mikolaj Wolski, vescovo di Kiev, e Filip Padniewski, vescovo di Cracovia, quindi lo stesso arcivescovo hanno precisato che il re, ritenendo la dispensa in questione proibita de iure divino, aveva interrotto la convivenza con la consorte ma, ammonito a riprenderla, aveva esposto i suoi dubbi al Senato e chiesto consiglio dei senatori. L’arcivescovo ha chiesto a Commendone quale risposta andrà data al sovrano.

Commendone ha confutato i dubbi sulla liceità dell’unione, ribadendo che, con la dispensa era stato tolto l’impedimento posto all’unione e che, quindi, il matrimonio era da ritenere legittimo. Ha invitato i prelati a vegliare affinché il sovrano non sia indotto da cattivi consiglieri a peccare «sotto pretesto di farlo fuggire un peccato che non è». Ha suggerito anzitutto di fugare, con riferimenti alle Scritture, qualsiasi dubbio del re sul suo matrimonio, lasciando per ora da parte – data la situazione del Regno - la questione della coabitazione. Tutti i prelati, nonostante alcune iniziali rimostranze dell’arcivescovo, hanno infine deciso di seguire il consiglio di Commendone.

«Cifra»

Commendone era riuscito a evitare che i nunzi della nobiltà facessero istanza per il divorzio, ma la congregazione voluta dall’arcivescovo senza il suo diretto intervento, sarebbe giunta «senza dubio […] a dar fuoco». Commendone non sa ora se fidarsi della «buona risoluzione» espressa dall’arcivescovo e dal vescovo di Cracovia. Ha suggerito di rinviare l’istanza per la coabitazione al fine di evitare che il re, «con questo horrore ch’egli ha della cohabitatione», sia spinto a divorziare. L’arcivescovo sembra sapere come conviene muoversi e pare intenzionato a «stringersi» a Commendone, il quale per parte sua lo tiene vicino, ma con cautela, nel timore di ulteriori conseguenze.

Note libere

Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco.