MssCol 603/Lettera 139

Sottounità / Unità archivistica
NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro quinto
Regesto veloce

Commendone considera le argomentazioni dei vescovi polacchi contro i decreti de residentia e de pluralitate del concilio di Trento e propone di rinviarne l’applicazione in Polonia.

Numero documento
139
Estensione materiale
cc. 41r-45v
Destinatario
Borromeo, Carlo
Luogo di redazione
Petricovia
Luogo di ricezione
Roma
Data di redazione
3 giugno 1565
Edizioni del documento

Pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, II, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1851, pp.195-202.

Regesto approfondito

Diversamente da quanto aveva stabilito, Commendone ha deciso di non attendere oltre per dar conto delle proteste dei vescovi riguardo ai decreti de pluralitate e de residentia del concilio di Trento, dato che Stanisław Krasiński, arcidiacono di Lancicia, inviato dai vescovi a Pio IV, sta per arrivare a Roma.

Come ordinato da Roma a Commendone e a Stanislao Hosius, vescovo di Varmia, la questione era stata rinviata fino al primo novembre prossimo.

I «deputati stessi del clero», richiesti da Commendone e Hosius, hanno consegnato una scrittura in cui si spiegano perché l’applicazione dei decreti provocherebbe danni in Polonia. Hosius condivide alcune loro argomentazioni, mentre Commendone solleva due obiezioni.

La prima riguarda la «manifesta contraddizione» tra le lamentele circa la scarsità dei preti nel paese e l’affermazione che il cumulo dei privilegi sarebbe necessario perché «seben uno tien più beneficii, nondimeno ha molti vicarii con i quali supplisce alle cure, et questi vicarii sono preti». La seconda obiezione attiene all’idea sostenuta dai deputati che gli obblighi introdotti dal concilio di Trento provocheranno una diminuzione dei preti, «et nondimeno ogni ragione dimostra che la pluralità stessa è la principal causa, o almeno sarà fra pochi anni, che ve ne sieno molto manco, perché nessuno a questi tempi, ne’ quali l’ordine ecclesiastico patisce molto, vuol facilmente ordinarsi senza beneficio, et beneficio a tutti non si può dare lasciandone molti in mano d’un solo, anzi è da temere che poco poi, non si trovando vicarii, convengha che le chiese restino senza servitio».

Commendone ritiene poi che, ad un esame più attento, le ragioni addotte dai vescovi non valgano per tutti i beneficii né per «tutte le persone, com’a dire: si ritrovano hora benefitii posseduti da catholici la presentation de’ quali appartiene ad heretici, onde il lasciarli sarebbe pericoloso, ma ve ne sono ancora molti de presentatione de’ catholici et del re stesso et degli ordinarii, nelli quali tutti questa ragione non milita».

Nonostante queste obiezioni e altre che si possono muovere contro le ragioni addotte dai vescovi, Commendone e Hosius ritengono opportuno un rinvio dell’applicazione dei decreti. Ciò perché i vescovi tacciono «molto più […] di questo che hanno allegato» e il Regno va ritenuto un malato non «ben curato» dal principio, del quale si rischia di accelerare la morte somministrando ora di colpo la «medicina».

Pio IV avrà sicuramente appreso quanto scritto dal sovrano polacco al cardinale Alessandro Farnese, protettore di Polonia, lo scorso luglio. I preti sono pronti a tutto pur di non lasciare i loro benefici: «hanno qui pronto non pur il patrocinio ma gli inviti continovi degl’heretici, et se queste franchigie aperte et questi asili non si togliono prima alli apostati, non è da sperare di poter astringere il clero all’osservanza della riforma». A ciò si aggiunge che, essendo spesso complicato trovare persone «con la santità della vita et con la dottrina [che] conservino et diffendano le chiese, par necessario di ricorrer talvolta a certi altri ripari dell’authorità et poter d’alcuni i quali, con parentadi et simili presidii humani, le diffendano et conservino a megliori tempi. Essequire gli suddetti decreti egualmente in tutte le provincie christiane è poco meno impossibile. Concedere liberamente una licenza universale et derogare in tutto al Concilio non conviene. Far un privilegio a questo Regno, non militando in tutti gl’interessati le medesime ragioni che sono addotte, anzi in molti non ne militando alcuna, non sarebbe forse tenuto giusto» e meriterebbe attenta considerazione. «Far gratie particolari ad alcuni» darebbe adito al sospetto che la Chiesa non per l’«universal bisogno» del Regno, e risulterebbe odioso. Altrettanto pericoloso sarebbe far concessioni per motivi particolari, «come sarebbe che qualunque ha più beneficii de iure patronatus hereticorum possa tenergli per ovviare che gli detti heretici non li diano a loro ministri». Infatti «gl’heretici, per particolari interessi, non lo sopportarebbono, massime ogni volta che si facesse particolare et espressa mentione di loro et si perché si suscitarebbono liti, controversie et travagli di provare chi fosse o no heretico, et non senza pericolo di tumulto non pur in questo caso, ma in tutti gli altri ancora». Qualora poi si delegasse ai vescovi polacchi l’autorità di dispensare dagli obblighi previsti dai decreti tridentini, è da temere che i vescovi ne abuserebber o in favore di parenti o servitori loro, anche eretici.

«Piacesse a Dio che hoggi dì i vescovi, per tutte le provincie, fossero quali nel concilio di Trento si suppose che doveriano essere et che i principi si contentassero di far l’officio loro, perché ogni cosa sarebbe hora mai poco meno che acconcia. Ma lasciando hora i principi, il concedere a li prelati authorità è bene, quando però si fosse potuto prima provvedere che essi prelati fossero quali dovriano, ma, non essendo, sarebbe forse honesto che dove i vescovi, quanto a sé stessi, non osservano i canoni che sono tenuti ad osservare non havessero manco a godersi l’authorità data loro dal concilio di Trento sopra gl’inferiori». Tale argomento verrà probabilmente toccato da Stanisław Krasiński, arcidiacono di Lancicia, visto che il clero polacco teme assai che i vescovi non usino bene «la molta authorità data loro dal Concilio».

Commendone, citando Marco 2:22, afferma che potrà esservi «buona riforma» solo qualora «i vescovi facciano essi prima il debito loro et lo facciano poi fare a l’altri», altrimenti si produrrà solo maggiore confusione e disordine». Ritiene perciò opportuno che il papa «lasciando per hora di far alcuna derogatione o dispensa contra gli sudetti decreti di Trento, non concedesse a questo Regno altro che una prorogatione di due o tre anni sopra questi duo decreti de pluralitate et residentia, aggravando nondimeno con dignità et con santità pontificia le conscienze di coloro nelli quali non militano le ragioni addotte, perché così sperarei che senza scandalo si rimediarebbe assai alli pericoli che soprastanno et si derogaria al concilio di Trento molto meno di quel che si farebbe con una concessione perpetua et data egualmente a tutti».

Si avrà così l’opportunità di agire conforme agli sviluppi della situazione del Regno e si tutelerà l’autorità pontificia in queste aree; la proroga, «con il bisogno et con la speranza che costoro haranno di nova gratia», terrà a freno tanto il clero che i laici; sarà inoltre gradita al re più d’ogni altra risoluzione, come Commendone ha ricavato dalle ripetute udienze, durante le quali ha manifestato l’intenzione di voler ristabilire la religione cattolica una volta risolte le tante questioni ora aperte.

L’arcidiacono porterà con sé lettere del re e dei vescovi polacchi. L’arcivescovo ha riferito a Commendone d’aver scritto a sua volta lettere di tenore diverso. Se il clero polacco spera di esser dispensato dai decreti, ai «layci cattolici non interessati dispiace questa pluralità et non residentia». Alcuni eretici che aspirano a ricevere qualche beneficio che così si libererebbe, sono favorevoli all’esecuzione dei decreti del concilio; «alli altri heretici non interessati giova di vedere quanto più dissolution si può nella Chiesa. Nel clero i poveri vorrebbono l’essecutione, li ricchi et potenti la fuggono». Commendone raccomanda di tenere segreto quanto ha scritto.

Note libere

Nota non chiaramente leggibile a c. 40v.