MssCol 603/Lettera 23
- Sottounità / Unità archivistica
- NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro primo
- Regesto veloce
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Commendone ritorna sui contrasti tra i vescovi e sulla situazione politico-religiosa in Polonia alla conclusione della Dieta; aggiorna inoltre sulla situazione in Valacchia (intendendo Moldavia) e sulla restituzione dei beni regi.
- Tipologia
- it lettera in registro copialettere
- Numero documento
- 23
- Estensione materiale
- cc. 36r-39r
- Mittente
- Commendone, Giovanni Francesco
- Destinatario
- Borromeo, Carlo
- Luogo di redazione
- Varsavia
- Luogo di ricezione
- Roma
- Data di redazione
- 15 marzo 1564
- Edizioni del documento
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pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, I, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1847, pp. 77-84, con data 7 marzo.
- Regesto approfondito
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Commendone non può fare a meno di tornare sui difficili rapporti tra i prelati polacchi sia perché ogni giorno sorgono nuovi motivi di contrasto tra loro, sia perché «se qui si può trattar o sperar cosa alcuna deriva dalla concordia loro».
Dopo l’incontro che Sigismondo II Augusto ha avuto con Jakub Uchański, arcivescovo di Gnesna, e Filip Padniewski, vescovo di Cracovia, tutti i vescovi avrebbero dovuto rivolgere al re l’istanza di annullare i decreti di Petricovia. Ma tra l’arcivescovo e il vescovo di Cracovia è nato un nuovo scontro. Il motivo è l’editto pubblicato venerdì passato, che intima ai possessori di beni regi, di produrre entro oggi i loro titoli di possesso «et i nunci della nobiltà instavano che in essecutione delli decreti di Petricovia si specificasse et s’aggiugnesse a quel editto che gli ecclesiastici nel medesimo termine dovessero produrre privilegii de l’immunità le quali pretendono havere». L’arcivescovo, che «ha privilegi chiarissimi et amplissime immunità», ha acconsentito alla richiesta, mentre il vescovo di Cracovia si è opposto affermando che le chiese non possono essere costrette a «provar per scritture l’immunità sue». La questione è stata discussa in Senato, senza esito, ieri e oggi, e rimandata al prossimo lunedì.
L’opposizione del vescovo di Cracovia è stata poi sostenuta da tutti i vescovi e anche dall’arcivescovo. Commendone ritiene che sia necessario intervenire a difesa delle «cose ecclesiastiche» mentre i prelati sono ancora a Varsavia e ha sollecitato i vescovi a chiedere loro al re di riceverlo in udienza prima di lunedì, «ma Dio voglia che possano convenire pur in questo».
Il disaccordo tra i prelati ha superato il limite e da ciò deriva il poco conto in cui il re li tiene «perché vede che da loro non li può essere dato troppo aiuto né fatta gagliarda oppositione nelle cose le quali vuole ottenere nel Senato, et per questo rispetto Sua Maestà fa il suo fundamento nel ordine seculare, et nei nunci della nobiltà, l’authorità di quali tuttavia s’augmenta». La divisione è causa inoltre del disprezzo nei confronti dei prelati. «Li heretici li chiamano canes mutos non valentes latrare, et li rimproverano che la causa per la quale hora si muovono a sostener le cose ecclesiastiche è solo il rispetto de l’entrate, et che han fatto più rumore per un manipulo di grani che per la predica del loro evangelio, fatta l’anni passati quietamente senza una minima contraddittione et che Dio gli ha mandato lo spirito della confusione et della cecità, le quali cose piacesse a Dio non fussero tanto vere quanto elle sono». Commendone auspica che siano in grado almeno di esprimere un voto uniforme.
Il sovrano, «contra il costume», ha convocato i senatori la domenica per discutere della possibile unione della Livonia alla Polonia. Sembra che tale unione sarà accettata; frattanto la questione viene trattata dai nunzi della nobiltà e se ne esaminano le condizioni.
Non ci sono novità riguardo alla nomina dell’arcivescovo di Riga. Il duca di Meclemburgo ha cercato di ottenere l’elezione del figlio dal capitolo «ancora che non vi sia più forma di capitolo, essendosi maritati i canonici et estinta la religione et ogni disciplina ecclesiastica».
Pare che la Dieta inizialmente convocata a Parzow sarà rimandata a San Martino [11 novembre] e forse si svolgerà in altro luogo più adatto alla riunione. Si dice che, dopo la Dieta, Sigismondo andrà in Lituania.
Stanislao Hosius, vescovo di Varmia, ha inviato a rendere omaggio al sovrano un suo segretario, che ha anche riferito a Commendone che l’arcivescovo di Gnesna intenderebbe convocare un concilio provinciale, «cosa ch’io stimo la più pernitiosa che potesse farsi stando la discordia di vescovi et, all’incontro, essendo infinita la licentia et l’ardire degl’heretici». «Questo Regno produce ogni dì novi monstri d’heresie per la suddetta licentia. S’è scoperta poco fa la nova setta la quale dice che nel dì del giuditio Nostro Signore Jesù Christo ha da esser giudicato egli ancora et che sarà com’uno di noi sottoposto al Padre, fondandosi sopra quelle parole di Paolo nella prima a li Corinti al capitolo XV, Oportet autem illum regnare donec ponat inimicos sub pedibus eius […]. Non si può qui proporre cosa tanto assurda che non trovi subito settari».
Arrivano notizie incerte sul nuovo voivoda di Valacchia (intendendo Moldavia) Alessandro, che si dice abbia ordinato l’uccisione di tutti i vecchi della nobiltà, uomini e donne, e di molti uomini adulti, mentre i tartari, con l’aiuto dei quali ha ripreso il potere, avrebbero fatto schiavi quindicimila bambini. Si dice inoltre che attacchi la religione e il clero e obblighi tutti a circoncidersi, dopo essersi lui stesso circonciso e convertito all’Islam, e che voglia eliminare la nobiltà e la fede cristiana «le quali salve non si tiene securo et cerca securezza nella perditione».
Olbracht Laski, nobile polacco, ha sconfitto il «voivoda cacciato d’Alessandro», Ștefan Tomșa, e ha imprigionato lui e altri principi fuggiti dalla Valacchia.
Mikołaj Radziwiłł, palatino di Vilna, ha profanato le chiese a Sciolowiez, «suo luogho […] et dicono che gli ha rotto le imagini et le croci et levato via i calici et quanto vi era d’oro et d’argento et di vesti sacre et cacciati i sacerdoti catholici. Cosa troppo miserabile che ad uno sia permesso far tanto contra la religione et Dio, et che di tanti che hanno giurato di difendere la chiesa faccia pur segno che le dispiaccia, non che di farli resistenza, e di punirlo come meriterebbe».
«Cifra»
Molti senatori interessati ai beni regi cercano in ogni modo di impedire che la Dieta ne deliberi la restituzione alla Corona e, non avendo altri mezzi, vorrebbero lasciare la Dieta di Varsavia la settimana prossima. Il re ne è molto offeso e gli è stato consigliato, qualora i senatori partano, di interrompere la Dieta e di proclamarne un’altra, armata, per San Giovanni, nella quale, con il sostegno di nobili non interessati, farà approvare la restituzione. Commendone giudica tale soluzione pericolosa e crede che il re farà di tutto per non arrivarvi.
Il vescovo di Cracovia e Spytek Jordan, palatino della città, sono i principali oppositori del disegno del re. Il vescovo spera così di recuperare le sue decime o comunque di ricavare qualche vantaggio dalla situazione, e già si parla di dare ai vescovi le abbazie situate nelle loro diocesi e tutte le decime al re; si ritiene che l’«authore» di questi piani sia il vescovo di Cracovia, per le mire che ha su alcune abbazie. Commendone è però convinto che qualora si proceda su questa strada si vorranno premiare non i prelati, ma i nobili e i signori spogliati di beni regi in loro possesso da molti anni; né sarà possibile evitare che si metta mano alle proprietà ecclesiastiche, tanto più che i beni rivendicati da Sigismondo hanno un valore di circa 700.000 fiorini. «Il primo assalto va hora contra gli monasterii delli quali han cominciato a valersi in varii modi; già poco tempo il re prese dalla città di Dantisco centomila fiorini et constrinse tre abbati di Prussia d’obligar i beni delle loro abbatie sotto conditione che se il re non rendeva in tanto tempo questi denari i detti beni siano di quella città, la quale è heretica, et questo negotio fu, com’intendo, maneggiato dal presente vescovo di Cracovia alhora vicecancelliere. Di simili trattati io […] per il più ne trovo authori ecclesiastici, onde non so quello che io possa credere della loro religione né quello che se ne possa sperare a servitio di Dio, ma neanco a servitio loro fra tante discordie».
- Note libere
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Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco.