MssCol 603/Lettera 33
- Sottounità / Unità archivistica
- NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro secondo
- Regesto veloce
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Commendone dà conto dell’incontro avuto con Sigismondo II Augusto riguardo all’editto contro gli eretici. Informa inoltre sulla protesta dei vescovi contro i decreti del concilio di Trento e sulla nomina del nuovo cancelliere.
- Tipologia
- it lettera in registro copialettere
- Numero documento
- 33
- Estensione materiale
- cc. 8v-10v
- Mittente
- Commendone, Giovanni Francesco
- Destinatario
- Borromeo, Carlo
- Luogo di redazione
- Varsavia
- Luogo di ricezione
- Roma
- Data di redazione
- 19 aprile 1564
- Edizioni del documento
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pubblicata, in traduzione polacca, in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, I, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1847, pp. 124-128.
- Regesto approfondito
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Sigismondo II Augusto si è impegnato a consegnare entro la settimana una correzione dei decreti di Petricovia. Commendone ha rinnovato le sue istanze riguardo alla nomina di cattolici alle magistrature del Regno.
Commendone precisa che non ha ancora ricevuto i dieci esemplari del concilio di Trento che Borromeo gli ha scritto d’aver inviato. Jakub Uchański, arcivescovo di Gnesna, vuole che i decreti del concilio siano puntualmente eseguiti; alcuni vescovi invece vorrebbero «qualche mitigatione», soprattutto riguardo all’obbligo di residenza e al divieto di cumulo dei benefici. Commendone ha opposto che avrebbero dovuto avanzare prima le loro rimostranze. I vescovi, che lamentano il mancato sostegno dell’arcivescovo alle loro richieste, hanno pregato Commendone di far pervenire a Pio IV la lettera allegata.
«Il re, per li officii che feci con Sua Maestà […] per cagione della venuta del’Ochino, promette di far un editto che gli heretici forostieri non possano né entrare né habitare in questo Regno. Ma monsignor arcivescovo [Jakub Uchański] era d’opinione che si debba far l’editto in generale contra tutti gl’heretici et che altrimenti fusse per portar pregiuditio». Commendone ne ha perciò redatto una minuta. «A me in vero parrebbe di qualche momento l’ottenerlo per dar principio a qualche essecutione contra gl’heretici, perché tutte le seditioni di questo Regno et la concordia della sette contra noi è causata dalli forestieri. Gli heretici di questo Regno dissegnano, com’intendo, di voler far questa state un loro convento a Kiovnz overo a Stolnizza per cercar forma di concordar le loro opinioni, il che hanno tentato più volte indarno».
Commendone ha ricevuto con piacere la notizia dell’invio del cardinale Giovanni Morone in qualità di legato all’imperatore «per poter [egli] con più fundamento dar conto della verità per ciò che qui era stato scritto molto diversamente et dicevano che Sua Signoria Illustrissima veniva a conceder liberamente il calice, il coniugio de sacerdoti et simili cose».
Secondo lettere provenienti «dalli confini di Valacchia» (intendendo Moldavia) quarantamila turchi sarebbero sulla riva del Danubio e aspetterebbero la decisione del re polacco sulla restituzione della fortezza di Cotim e sulla consegna di Ștefan Tomșa e degli altri prigionieri. Chiedono che questi ultimi siano almeno puniti; minacciano di entrare in Rossia se Sigismondo non obbedirà alle richieste. Il sovrano attende il parere in merito dei senatori che sono ripartiti.
I soldati polacchi non hanno ricevuto la loro paga e i capitani li trattengono con la promessa di entrare in Moscovia; i saccheggi fatti in Lituania accrescono l’odio tra polacchi e lituani, con pericolo di disordini e scontri.
«Cifra»
Il cancellierato era stato promesso, dietro istanza di Marcin Zborowski, castellano di Cracovia, a un suo nipote, «heretico espresso». Su istanza di Commendone il sovrano ha però nominato Walenty Dembiński, già gran tesoriere. Sostenuto da Piotr Myszkowski, vicecancelliere di Polonia, molti dubitano di lui nonostante si dichiari cattolico e frequenti spesso la chiesa.
I pochi vescovi rimasti a Varsavia sono discordi riguardo alla dichiarazione sui decreti di Petricovia; non manca poi chi cerca di persuadere l’arcivescovo a ritirarsi.
Il sovrano – secondo quanto riferito a Commendone dal vicecancelliere - ha grande stima di Commendone e si è detto pronto a intervenire in suo favore.
Commendone ha impedito, per il momento, la convocazione di un concilio nazionale e si impegna affinché non abbia luogo in futuro; data la situazione ritiene sia meglio che «costì si vada lento circa le dimande del re».
- Note libere
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Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco. Allegato annunciato non trascritto.