MssCol 603/Lettera 41

Sottounità / Unità archivistica
NYPL, Ms. Div., MssCol 603, Registro secondo
Regesto veloce

Commendone riflette sulle cause dell’attuale situazione politico-religiosa polacca e sui possibili rimedi da adottare.

Numero documento
41
Estensione materiale
cc. 19v-22r
Destinatario
Borromeo, Carlo
Luogo di redazione
Allenstein
Luogo di ricezione
Roma
Data di redazione
8 giugno 1564
Edizioni del documento

pubblicata parzialmente in Pamiętniki o dawnéj Polsce z czasóv Zygmunta Augusta, obejmujące listy Jana Franciszka Commendoni do Karola Borromeusza, coll. J. Albertrandi, I, Wilno, Drukiem Józefa Zawadzkiego, 1847, pp. 149-154.

Regesto approfondito

«Cifra»

Se non vi sarà unione tra i cattolici Sigismondo II Augusto non avrà il coraggio di «scoprirsi contra gli eretici» o si varrà della loro divisione a suo vantaggio. Commendone ritiene che i vescovi siano discordi perché è ormai diffusa la convinzione che sia imminente la morte senza discendenza del sovrano e - secondo quanto riferito da Piotr Myszkowski, vicecancelliere di Polonia, a Stanislao Hosius, vescovo di Varmia - «tutti i principali di questo Regno» sono attenti alla successione «et ciascheduno ha volto i suoi pensieri al proprio commodo, secondo diverse passioni et interessi». La «varietà di dissegni» moltiplica le fazioni. Commendone ne individua sei che parteggiano rispettivamente per Giovanni Sigismondo Szapolyai, principe di Transilvania, per casa d’Austria, per Gioacchino II, elettore di Brandeburgo e cognato del re, per Alberto I, duca di Prussia, per Ivan IV, per Filippo il Magnanimo, langravio d’Assia. Quest’ultimo, sebbene lontano, «tiene nondimeno qui prattiche» e dà provvigioni a molti. Invece di proporre un proprio candidato, i vescovi hanno aderito alle fazioni secondo i loro interessi particolari e parentele. Altri gruppi, formati da «nobili inferiori» e guidati dai nunzi della nobiltà, «huomini seditiosi», non sono interessati alla successione ma ne approfittano per opprimere la religione cattolica e usurpare i beni ecclesiastici.

Il re non ha l’ardire di opporsi perché i «grandi» sono contrari al recupero dei beni regi - cosa che egli persegue fortemente - e quindi temporeggia. Il sovrano non osteggia apertamente i cattolici ma nemmeno difende la religione e i beni delle chiese e promette provvedimenti che spesso non vengono eseguiti. Dopo l’editto di Varsavia sono addirittura aumentate le profanazioni ai danni delle chiese e le «oppressioni» contro il clero. Subito dopo la sua pubblicazione il re ha infatti concesso agli eretici delle «lettere secrete contrarie all’editto, per le quali lettere essi non solo sprezorno l’editto ma quasi certi et della volontà et della paura del re ardirono quello che prima non era loro bastato l’animo di fare». Turonia e Danzica si sono così dichiarate eretiche «levandosi dall’obbedienza del loro vescovo senza pur alcuna riprensione nonché castigo del re» e sono state occupate le chiese; ai tempi dell’editto il sovrano non doveva affrontare il recupero dei beni regi e la guerra contro Ivan IV, urgenze che lo rendono ora più «timido» con i «suoi».

In tale situazione non è possibile ottenere dal sovrano impegni maggiori, oltre a quelli presi dopo la fine della Dieta e alla dichiarazione sui decreti di Petricovia. Sebbene quest’ultima invalidi i decreti «però non se ne può sperare aiuto di momento se non ogni volta che qui le cose procedano senza violenza et per via di ragione».

Giovanni Alberto, duca di Mecklenburg-Schwerin, ha ottenuto l’arcivescovato di Riga dopo essersi offerto di tenere 300 cavalli a difesa della Livonia contro Ivan IV. Il re si è riservato la città di Riga e la fortezza di Kokenhausen, con la promessa che il figlio del duca prenderà possesso dell’arcidiocesi a quindici anni.

Commendone suggerisce di temporeggiare, evitando che qualche «nuovo accidente» turbi l’equilibrio esistente. Se avesse ascoltato i consigli di alcuni che lo esortavano a «rompere apertamente col re et minacciar di privarlo del Regno» si sarebbe giunti vicino all’estinzione «della religione catholica in questo Regno», opinione condivisa anche da Hosius. La volontà del re di divorziare da Caterina d’Asburgo, la convocazione di un concilio nazionale e «un movimento d’arme civili» potrebbero comunque provocare tale rovina. Nonostante gli sforzi di Commendone, sembra che il sovrano sia ancora inclinato al concilio nazionale e l’arcivescovo incoraggia «queste pratiche per isfogarsi contra molti et per colorire certi suoi antichi desiderii di concordie et nove forme di religione».

Commendone incontrerà quindi l’arcivescovo e gli altri vescovi per impedire che il concilio provinciale esca «dai termini suoi». «Et veramente fintanto che si vegga dove capita questo negotio di convocar un concilio et fintanto che esso concilio duri credo esser assai opportuno che qui si trovi un noncio, ma non già più oltre. Perché quanto all’armi, ch’è uno de’ tre pericoli che soprastano a questo Regno, essendo le cagioni di esso profane, non so qual uso ci possa essere di un noncio se non forse dopo qualche tempo quando, stanchi della rovine, conoscessero per prova che lo stabilimento di questo regno è la religione catholica et già purgati per questa via molti mali humori, s’aprisse forse qualche meglior strada di risanare questo regno. Ma, nella furia et bollore del male in tanta timidità del re et disunione di catholici, certa cosa è che non si può far cosa buona. È uscito questi dì un libro dell’Orichovio [Stanisław Orzechowski] in lingua polona scritto con molta licenza et atto a eccitar sollevatione. Si fanno di più conventiculi, et radunanze in varii luoghi». In Prussia poi i senatori si lamentano perché, nonostante la loro opposizione al decreto sui beni regi, è stato approvato «cum clausula de communi omnium ordinum consensu».

«Quanto al divortio, io crederei che per questo ancora fosse bene che io mi partissi inanzi che il re scopertamente cominciasse a tentarlo, acciò che la prima mossa non fosse col noncio della Sede Apostolica ma si lasciasse che prima et principalmente spartisse il negotio con la casa d’Austria così divertendo in parte la piena con schifarla, che tutto questo odio non si rovesci […] contra la Sede Apostolica come finalmente successe nella causa del divortio d’Inghelterra».

Note libere

Testo cifrato reso in chiaro dal copista cinquecentesco.

Luoghi rilevanti
Turonia
Danzica
Riga